Non servono le parole,
nell’attesa ti intrattengo.
Cerco ricordi per distrarti
ma sono goffo e inopportuno.
Dalla finestra sul mare
le nubi come una folla.
La vita irrompe nei corridoi
con i sorrisi del via vai
con i raggi di sole
che fanno corona sull’acqua
Un lago di luce
dalle sponde luttuose e tetre.
Una manica di seta
si gonfia al vento lieve del sud.
Nemmeno gli alberi stormiscono
Solo il mio cuore sussulta ogni tanto
quando irrompe una voce.
Poi tutto torna silenzio.
Mi immagino la tua ansia
mentre l’ago ti sonda il petto
Il nostro è un biliardo di dolore
Io penso a te che giaci dolente e timorosa,
tu ti concentri sul tuo prossimo strazio,
al futuro, all’ombra cupa del tuo male.
Dalle finestre irrompe la luce del giorno pieno,
il mare di distende nel grigio.
Gli alberi restano immobili,
le auto si danno il cambio,
ruotando nei parcheggi.
In questo apparente autunno di lamiere
invento discorsi di miele,
ma nulla lenisce la tua ansia.
So che sarà tutto inutile
la tua mente volge al peggio
Siamo fragili e inconsistenti.
Resto in attesa,
mi affido all’istinto.
Se sarà il caso ripiegheremo,
affrontando i fendenti con lucidità.
Assieme.
So che il nemico che temi
ha un solo nome, ma volti diversi
Li sconfiggeremo uno alla volta
Anche questa va dritta al cuore con parole pulite e precise come frecce, con un contorno di mare e di vento ma visto da lontano, da una finestra. La persona che hai davanti è una persona che ami e vorresti aiutare ma voi due siete in condizioni molto diverse, direi prosaicamente tu sano e lei/lui malata/o. Mi ha ricordato le veglie in ospedale con mio padre o mia madre, il mio sentirmi inadeguata ma nonostante tutto, continuavo a tendere la mano, a voler combattere. Parlo e parlo e magari non ho capito niente perché tuttaltra era l’intenzione. A me ha detto questo e mi ha riportato in una ben nota e diffivile situazione.
Hai un bel modo di scrivere in poesia, sciolto e sicuro, semplice ed elegante. Questo è quanto so dire su quedti versi. Ciao
Grande sensibilità e intuizione. In effetti è proprio come hai scritto. Era la mattina di un esame importante, all’ospedale di Valloria. Temevano un cancro e lo temevano seriamente. Una donna, soprattutto se è madre teme il cancro in maniera particolare e devastante. Il timore, certe volte, è quasi peggio della stessa malattia. Noi maschi siamo più incoscienti. E quando cerchi di confortare chi ami, di essere di aiuto ti senti sempre non all’altezza. Hai detto giusto tu: inadeguato. È stato un incubo che per fortuna si è risolto al meglio. Ma quelle ore, quei giorni, sono stati terribili.
Che bella questa poesia Mario, mi ha commosso, sarà perché sto vivendo questa ‘ombra del male’ con mia madre. Ci si sente fragili e impotenti, storditi. La vita che va via è terribile anche se sappiamo che è così. Ci sono momenti in cui, come scrivi, è difficile confortare, trovare le parole giuste, tu sei riuscito a farlo con il sentimento e la sensibilità che ha solo chi sa amare.
Vorrei poter scrivere di cose belle, che riempiono di entusiasmo. Ma sovente, come in questo, le nostre debolezze offrono l’ispirazione per una riflessione. Il male, purtroppo, è trasversale, ci tocca tutti, o prima o poi, e così diventa un elemento comune. Credo di aver sofferto molte volte nella vita, Roberta, sia fisicamente, sia sentimentalmente. Ma soffrire perché si è inutili a chi si ama, è una delle cose più terribili.